Pane. In città, nelle famiglie specialmente numerose o considerevoli, dove c'è molto servidorame, l'economia che risulta dal consumo del pane di seconda qualità invece di pane bianco non ha una grande importanza; però basta, come misura d'ordine e regola di buona economia, fissare le ragioni di tutti gli oggetti di consumo in massima, avendo solo cura, quanto al pane, di lasciarlo pure a discrezione della gente di casa, però alla condizione che non sia mai sprecato.
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tutti gli oggetti di consumo in massima, avendo solo cura, quanto al pane, di lasciarlo pure a discrezione della gente di casa, però alla condizione che
Salatura mediante liscivia. Certi pizzicagnoli fanno uso da tempo immemorabile di un processo di salatura assai speditiva, applicabile alla preparazione del porco salato per la provvisione nelle famiglie. Dopo avere affettato il porco, come dicemmo, dispongono i pezzi, non in un barile, ma sì in un mastello di legno forato nella sua estremità inferiore di un buco che si tura con un rotolo di paglia, come si farebbe di un tinello da bucato. I pezzi di carne sono collocati fra strati alterni di sale e di aromi, e l'ultimo strato si compone di timo, di lauro e di salvia. Prese queste disposizioni, si versa nel mastello un poco d'acqua, sufficiente solo a far stemperare il sale a formare una salamoja densa, nella quale s'immerge tutta la carne. A misura che la salamoja cola per il buco inferiore del mastello, la si raccoglie entro un vaso disposto a tale uopo, e si riversa sulla carne.
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disposizioni, si versa nel mastello un poco d'acqua, sufficiente solo a far stemperare il sale a formare una salamoja densa, nella quale s'immerge tutta la carne
Una delle più importanti cure per la buona conservazione dei pezzi di carne di porco posti nel salatojo è quello di lasciar loro prendere meno aria che si può, e rinchiudere immediatamente il barile ogni qualvolta si debba estrarne qualche pezzo. Egli è perciò quando si sala gran quantità di carne di porco per una numerosa famiglia, ch'è meglio adoperare parecchi barili di media dimensione, anzichè accumulare il tutto entro un solo salatojo. Il coperchio di ogni barile deve essere accomodato in modo da venire abbassato ogni qualvolta diminuisce il contenuto, affichè rimanga il meno d'aria possibile fra il coperchio e la carne salata.
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di porco per una numerosa famiglia, ch'è meglio adoperare parecchi barili di media dimensione, anzichè accumulare il tutto entro un solo salatojo. Il
Le vespe cercano di preferenza sopra qualsiasi nutrimento gli alimenti inzuccherati, e fra questi, le frutta mature. Quando si vedono le vespe in gran numero in un giardino fruttifero, si può esser certi che il vespajo non è troppo lontano, e basta fare qualche indagine nei dintorni, nelle sponde dei fossati, nelle screpolature delle vecchie muraglie che sono esposte a mezzodì, che si giunge tosto a scuoprirnelo. Si distruggono però le vespe versando sul vespajo dell'acqua bollente, ovvero introducendovi una miccia di zolfo acceso. Non bisogna però procedere a questa operazione che la sera, un poco innanzi l'annottare, precisamente quando le vespe sono rientrate. Se il nido è in un buco o fessura del muro, un mezzo semplicissimo è quello di impastare gesso o calce e versarli liquidi nel buco; il gesso indurandosi non solo distrugge le vespe, le loro larve ed uova, ma previene, otturando il foro, il ristabilirsi di una nuova colonia.
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di impastare gesso o calce e versarli liquidi nel buco; il gesso indurandosi non solo distrugge le vespe, le loro larve ed uova, ma previene, otturando
Il grasso di porco non è il solo di cui si usa nelle cucine. Nel levare giornalmente il grasso dai cibi allessi o arrosti nelle pentole e casseruole, dai vari arrosti, e dagli intingoli di castrato, si raccoglie una gran quantità di grasso eccellente per la cucina, ma non conviene mai farne provvisione; benchè tanto più sia migliore, in quanto contenga porzioni del succo delle carni da cui proviene, codesto appunto lo dispone a irrancidire in pochissimo tempo. Ben lungi quindi dal procurare di conservarlo, bisogna adoperare nel più breve tempo possibile il grasso estratto dalle varie vivande troppo grasse; poichè sarebbe un esporsi a perderlo volendolo conservare come provvisione.
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Il grasso di porco non è il solo di cui si usa nelle cucine. Nel levare giornalmente il grasso dai cibi allessi o arrosti nelle pentole e casseruole
Legumi. Nulla è più provvidente ed economico quanto il fare una buona compera di varî legumi, che possono conservarsi sia freschi che secchi, dovunque però ci sia locale adatto alla custodia e collocamento di tali provvisioni, che occupano assai spazio. Avvi ogni anno un periodo lungo più di tre mesi, durante una gran parte della cattiva stagione, in cui ogni mercato è privo di legumi freschi; quelli dell'anno precedente sono esauriti; i nuovi non sono ancor giunti a maturità; la maggior parte dei consumatori sono ridotti, in fatto di alimenti vegetabili, ai soli legumi secchi. Una padrona di casa previdente, se può disporre di una cantina esente da umidità, o di qualche bottiglieria o ripostiglio qualunque dove non penetri il freddo, dovrà disporre, nell'entrar del verno, su fresca sabbia, una sufficiente quantità di carote, di navoni, di cavoli, di scorzonere, di appi e sedani, di porri, di patate. Tutti questi legumi, allorchè incomincia la cattiva stagione, possono venire comperati a buon prezzo, in quantità illimitata più tardi non solo costano il doppio, ma di più è spesso difficile, se non impossibile, il procurarsene anche pagandoli a prezzo elevato; allorchè le patate non sono destinate alla piantagione e devono essere successivamente consumate, si può adoperare, per conservarle, il seguente processo. Si fanno passare alquanti minuti entro un forno caldo soltanto quanto basti per uccidere gli occhi o germi di cui abbondano quei tuberi. Quando si ritirano dal forno le patate sono come appassite e si corrugano lievemente, alcune ore di soggiorno nella cantina o ripostiglio bastano a ridonare ad esse la loro buona apparenza; hanno soltanto perduta la facoltà di germinare, e non potrebbero più venire utilizzate per la piantagione, ma appunto per ciò si conservano moltissimo ed in ottimo stato per gli usi delle cucine.
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non solo costano il doppio, ma di più è spesso difficile, se non impossibile, il procurarsene anche pagandoli a prezzo elevato; allorchè le patate non
Conservazione dei fagiuoli. Per conservare una data quantità di fagiuoli è sempre vantaggioso di approfittare dell'occasione in cui sono abbondanti e a buon mercato; bisogna che sieno teneri, fini e di fresco raccolti; si deve pure sciegliere le migliori specie e le più saporite. Fra i diversi processi di conservazione, daremo il seguente, che è semplicissimo. Si inondano dapprima i fagiuoli, e si gettano mano mano nell'acqua fresca: poi si lavano, si fanno sgocciolare e si pongono in una terrina con sale, onde levar loro, agitandoli, ogni asprezza. Allora si depongono strato per strato entro un vaso di terra, ponendo alternativamente un letto di fagiuoli ed uno di sale fino a che sia pieno il recipiente, in maniera però che il sale sia spalmato sulla superficie. Si lasciano così il solo tempo necessario per trasmutare il sale in acqua. Si cuoprono allora di burro liquefatto, e quando sia freddo vi si aggiunge superiormente alquanto olio di oliva, affinchè sieno completamente posti fuori di qualsiasi contatto coll'aria. Il vaso deve inoltre esser chiuso con un turacciolo ed una pergamena e posto in luogo bene asciutto. Quando si voglia servirsi dei fagiuoli si pongono nell'acqua fresca per levar loro il sale e si fanno cuocere entro un recipiente non istagnato.
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spalmato sulla superficie. Si lasciano così il solo tempo necessario per trasmutare il sale in acqua. Si cuoprono allora di burro liquefatto, e quando
Frutta. Benchè le frutta non sieno considerate come alimento d'indispensabile necessità, sono per la maggior parte tanto salubri che gradevoli al palato, ed il consumo delle frutta, sia fresche che cotte, contribuisce a mantenere la salute, specialmente nel verno, quando l'insieme degli alimenti è meno refrigerante che durante la bella stagione. Per tal motivo, ogniqualvolta lo permettano le circostanze, è utilissimo di fare una buona provvisione di frutta che possano custodirsi, scegliendo le specie la cui conservazione riesce più facile. In questa provvisione quelle da preferirsi sono le pere e le mele. La buona conservazione di queste due qualità di frutta dipende in gran parte dal modo con cui se ne fa il raccolto. Per cui, non v'è cosa meno giudiziosa di quella di far raccogliere, come generalmente si usa, tutte le mele e le pera in uno stesso giorno. Non solo tutte le specie di queste due frutta, che sono presso a poco della medesima stagione, non maturano esattamente ed in pari tempo, ma benanche tutte le frutta di uno stesso albero non giungono nello stesso tempo a maturità, quelle che trovansi nei rami interni, avendo meno ricevuto l'aria ed il sole, non devono essere côlte che dieci o quindici giorni dopo le altre. L'indizio più certo che è giunto il momento di raccogliere la più gran parte di frutta da un albero, si è quello in cui, in un tempo calmo, alcune frutta perfettamente sane naturalmente cadono dall'albero.
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cosa meno giudiziosa di quella di far raccogliere, come generalmente si usa, tutte le mele e le pera in uno stesso giorno. Non solo tutte le specie di
Lo zucchero di buona qualità dev'essere brillante, sonoro quando si picchia, rompersi di botto, e sciogliersi nell'acqua senza lasciarle alcuna trasparenza. Di più, deve avere un sapore schietto, esente da qualsiasi altro miscuglio. Lo zucchero noto sotto il nome di zucchero regio di Olanda, è notevole per la sua durezza, trasparenza e cristallizzazione; è quello che di preferenza s'impiega per l'acqua inzuccherata, e per l'apparecchio degli sciloppi e delle gelatine: è sempre ad un prezzo un po' più elevato delle altre qualità. Per gli altri usi ordinarî di famiglia, lo zucchero bianco un po' meno bello e meno caro del precedente può essere sufficiente. Quello non raffinato, giallo, di buona qualità, inzucchera molto, e di più, siccome è meno caro del raffinato, si può adoprarlo vantaggiosamente per qualche uso domestico, principalmente per quello di cucina. In una famiglia non conviene far grandi provvisioni di zucchero in una volta, poichè non si conserva tutto al più che un solo anno. Devesi tenerlo ben coperto, e al riparo da qualunque umidità e da ogni odore estraneo, che contrae facilmente. Vale meglio preparare in casa sua lo zucchero in polvere, anzichè comperarlo già preparato, perchè in quest'ultimo caso è talvolta mescolato con qualche sostanza eterogenea.
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conviene far grandi provvisioni di zucchero in una volta, poichè non si conserva tutto al più che un solo anno. Devesi tenerlo ben coperto, e al riparo da
Zucchero in polvere vanigliato. Si prendano, per esempio, due bastoni di vaniglia e 125 grammi di zucchero. Si taglia la vaniglia in minutissimi pezzettini e si pesta in un mortajo di marmo, aggiungendovi una porzione di zucchero rotto in pezzetti. Quando questa mescolanza è ridotta in polvere si passa attraverso un setaccio, e si pesta di nuovo il residuo coll'ultima porzione di zucchero per passarlo parimenti pello staccio. Il nuovo residuo è parimenti pesto e poi passato, e finalmente si riuniscono queste varie porzioni di polvere in un solo miscuglio; lo zucchero e la vaniglia debbono essere così intimamente uniti che non si possa distinguere più l'uno dall'altro. Lo zucchero vanigliato si conserva in un recipiente ben turato, e se ne fa uso per condire la crema, le focaccie, il formaggio, quando queste pietanze vengano servite in tavola, ovvero si condisce il cioccolatte cotto nell'acqua e nel caffè.
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parimenti pesto e poi passato, e finalmente si riuniscono queste varie porzioni di polvere in un solo miscuglio; lo zucchero e la vaniglia debbono
Il processo migliore per fare infondere il caffè è quello di servirsi di cocome a filtro, che sono comodissime, spicciative, e che danno un liquido contemporaneamente profumato e limpido. La cocoma più semplice e meno cara è quella di latta od anche di porcellana: sul graticcio del filtro, preventivamente coperto di una rotella di flanella, si pone la quantità necessaria del caffè in polvere, presso a poco, come accennammo, un cucchiajo da caffè per ogni bicchiere d'acqua, ed un poco meno, se si appronta il caffè per cinque o sei persone; si calca moderatamente la polvere col rulletto che si lascia sulla polvere, si colloca la grata superiore, si versa su questa metà dell'acqua bollente che dev'essere impiegata; si richiude la macchinetta col coperchio, e si aspetta che quest'acqua sia filtrata. Ciò fatto, si leva il coperchio e la grata superiore, per sollevare il folletto e far cadere in fondo del filtro la polvere di cui è carico; allora si versa il rimanente dell'acqua calda, e, dopo aver chiusa accuratamente la macchina, si lascia che la filtrazione compiasi lentamente. Durante questa operazione, si pone la cocoma nell'acqua bollente, e questo bagno-maria mantiene il liquido al grado di calore che deve conservare. Non bisogna servire il caffè che allorquando la filtrazione è completa, e si deve guardarsi, come avviene talora, di far riposare il liquido sulla feccia o deposito, perchè; sarebbe un indebolire il caffè e togliergli porzione del suo profumo. Quanto al deposito del caffè, se si voglia utilizzarlo, conviene non farlo bollire, il che darebbe un liquido acre e nero, ma versarci sopra, quando è ancora nel filtro, una certa quantità d'acqua calda e meglio di fredda. Si pone in serbo questa seconda infusione, per fare riscaldare al bagno-maria e mescolarla con una nuova preparazione di caffè. Tutte le volte che si fa riscaldare il caffè, il quale non sia stato adoperato nel momento stesso in cui viene approntato, bisogna ricorrere al solo bagno-maria.
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approntato, bisogna ricorrere al solo bagno-maria.
Le caffettiere, o vasi, o macchine che sieno, filtranti, specialmente quelle di latta, esigono una minuziosa cura di pulizia. Non solo non si deve mai lasciarvi freddare e rimanere più o meno tempo il liquido, ma è indispensabile nettarle dopo ogni singola infusione. A tale effetto si scompongono tutte le parti diverse di cui è formata la macchina o caffettiera, si lavano in molt'acqua, si fa asciugare all'aria, avendo cura che i fori del graticolato siano sempre mondi.
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Le caffettiere, o vasi, o macchine che sieno, filtranti, specialmente quelle di latta, esigono una minuziosa cura di pulizia. Non solo non si deve
Siccome il tè s'impregna facilmente del ben che menomo odore, bisogna evitare di porlo in vicinanza di altre sostanze più o meno odorifere. Il solo mezzo di conservarlo in tutta la sua purezza è quello di custodirlo entro un recipiente intonacato di piombo.
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Siccome il tè s'impregna facilmente del ben che menomo odore, bisogna evitare di porlo in vicinanza di altre sostanze più o meno odorifere. Il solo
Si potrà però anche comporlo sia metà col caccao caracca, e metà con quello delle isole, il che produrrà il risparmio di circa mezzo fiorino per chilogrammo, oppure col solo maragnone delle isole che allora verrà a costare soltanto poco più di un fiorino per chilogramma, e, benchè riesca di qualità inferiore alle precedenti, egli è ancora un buon cioccolatte sano, nel quale non entrerà alcuna sostanza estranea.
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chilogrammo, oppure col solo maragnone delle isole che allora verrà a costare soltanto poco più di un fiorino per chilogramma, e, benchè riesca di qualità
Ma sarebbe grave errore attribuire ad esse proprietà eminentemente capaci di riparare le forze di chi è spossato. Queste fecole vengono perfettamente assimilate a quelle delle patate, cui si aggiunge talora gomma in polvere; allora si vendono sotto il nome di fecole indigene, e sono di un prezzo assai meno elevato. Il solo merito delle fecole esotiche, paragonato a quello delle patate, consiste in ciò, che sono esenti da odore e non alterano in verun modo il sapore e l'aroma dalle sostanze alimentari (come brodo, latte, burro, ecc. ecc.), nelle quali si fanno cuocere.
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assai meno elevato. Il solo merito delle fecole esotiche, paragonato a quello delle patate, consiste in ciò, che sono esenti da odore e non alterano in
Biscotti per famiglia. La composizione di questa sorte di pasticceria è cosa facilissima, ma esige grandi cure. Le proporzioni ordinarie sono, per un mezzo chilogramma di farina, 300 grammi di burro fresco e, secondo i gusti, dai 15 ai 25 grammi di sale. Assai spesso molti si limitano a mescolare e impastare fra bene e male tutti questi ingredienti; ma il burro non è bene sgocciolato e contiene ancora sostanza lattea; la pasta è male manipolata, e il biscotto riesce mediocre. Ecco in quale maniera convien procedere. Il burro deve essere steso sulla tavola dove s'impasta, in uno strato non troppo denso, poi leggermente strofinato fra due pannilini, perchè non vi rimanga particella alcuna di latte; quindi si mescola alla farina sale bianco in polvere finissima, e del tutto si forma una pasta abbastanza densa mescendovi acqua. Ciò fatto, si divide il burro in tre parti eguali, di cui ognuna si divide in tre piccoli pezzi. Sulla pasta, distesa in sottile strato mediante uno spianatojo a cilindro, si pongono ad eguali distanze i pezzi di burro, allora si ripiega la pasta in sè medesima a tre o quattro doppî, e a più riprese cilindrata con cura col mestolo che si spargerà di farina nonchè la tavola su cui si lavora. Dopo averla di nuovo distesa in sottile strato, si ripiegano i lati verso il centro e s'impasta di nuovo per distendere una terza volta la pasta. Poi si ripartisce la seconda por zione di burro in piccoli pezzetti operando come per la prima dose. Dopo un secondo lavoro, in tutto simile al primo, s'incorpora anche la terza porzione del burro, si forma la pasta in guisa di focaccia rotonda o in quadrati assai allungati, oppure in rotoli di un dito di spessore, che s'incrociano traversalmente, in guisa da disegnare un quadrilatero. Non rimane altro allora che porre il biscotto nel forno moderatamente caldo, e lasciarlo per un'ora circa. Per dargli poi un bel colore si abbia cura nel porlo in forno di spalmare egualmente la pasta colle barbe di una penna di tuorlo d'uovo freschissimo, sia solo, sia stemperato in alquanto latte raddolcito.
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egualmente la pasta colle barbe di una penna di tuorlo d'uovo freschissimo, sia solo, sia stemperato in alquanto latte raddolcito.
Mandorle tostate. Per 500 grammi di belle mandorle bisogna impiegare 500 di zucchero bianco e un mezzo litro d'acqua. La metà dello zucchero è posta in disparte; l'altra metà è mescolata coll'acqua e colle mandorle in una casseruola posta sopra un fuoco ardente. Quando l'acqua si è evaporata mediante una prolungata bollitura lo zucchero tornato allo stato di greggio o non raffinato e colorato in rosso chiaro si attacca alle mandorle, si ritirano dal fuoco e si dispongono entro un vaglio di tela metallica, affinchè lo zucchero che non è aderente si stacchi e possa sgocciolare. Si ponga allora nella casseruola l'altra metà dello zucchero con quello che si è staccato dalle mandorle, e si riduce solo, colla cottura, allo stato di non raffinato, aggiungendovi quel tanto d'acqua che basti per renderlo liquido in sulle prime. Si ripongono quindi le mandorle tostate onde finiscano di cuoprirsi di quello zucchero. In quello stato esse non sono, come dicesi, che polverizzate, rimane allora di congelarle o petrificarle, non solo per dar loro un'apparenza e un sapore più gradevole, ma affinchè lo zucchero che le ravvolge non si stacchi tanto facilmente dalla mandorla. Per indurare e pietrificare le mandorle tostate, si pongano in una catinella munita di due manichi, e vi si versi sopra, fino a che sono ancor calde, alcuni cucchiaî d'acqua distillata di rose, agitando e facendo saltare in aria le mandorle, in modo che vengano ad inumidirsi equabilmente. Finalmente si ritirano dal fuoco e si depongono sopra uno staccio onde si asciughino all'aria aperta.
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nella casseruola l'altra metà dello zucchero con quello che si è staccato dalle mandorle, e si riduce solo, colla cottura, allo stato di non raffinato
Soltanto osserveremo che le arselle si pongono intere, ben inteso dopo levato loro il guscio; delle ostriche non si pone che la polpa, tagliandola in due se sono grosse, e lasciandole intere se piccole; talvolta alcuni vi lasciano il solo callo, ch'è tra la polpa e la barba. Quanto ai granciporri o gamberi si pongono sole le code ben sguciate. Per gli astachi si usa tagliarli in piccole fette rotonde od ovali, sottilissime e grandi come un soldo. Prima di servire in tavola si aggiunge ai gamberi il burro di gamberi, e agli astachi il burro di astaco.
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due se sono grosse, e lasciandole intere se piccole; talvolta alcuni vi lasciano il solo callo, ch'è tra la polpa e la barba. Quanto ai granciporri o
Osservazione. Il grasso di arnioni di bove, adoperato da solo, è troppo compatto e di un sapore di grasso troppo pronunciato. Il grasso di pentola solo rende morbido l'untume. La sugna sola lo fa egualmente morbido, ma di più ha l'inconveniente di spumeggiare e traboccare fuor della padella.
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Osservazione. Il grasso di arnioni di bove, adoperato da solo, è troppo compatto e di un sapore di grasso troppo pronunciato. Il grasso di pentola
Fra le piante aromatiche, come il timo, il basilico, la mazzorana, la timbra, e le foglie di lauro sono di un uso assai frequente nella cucina; ma non conviene porne dappertutto e in ogni occasione. Lo ripetiamo, col solo adoperare i condimenti con discernimento e in piccola dose si può da essi cavarne un vantaggioso partito, tanto pel sapore, quanto per la varietà dei condimenti.
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non conviene porne dappertutto e in ogni occasione. Lo ripetiamo, col solo adoperare i condimenti con discernimento e in piccola dose si può da essi
Quanto a noi, d'accordo pienamente con tale opinione, incomincieremo anzi dal parlare non solo della zuppa, ma bensì del suo recipiente o pentola d'allesso che si voglia chiamare, consistendo in parte anche da tale arnese la riuscita delle vivande che si hanno ad apparecchiare; quindi insegneremo ai nostri lettori le ricette più piane e semplici e di facile esecuzione per approntare ottime zuppe e minestre.
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Quanto a noi, d'accordo pienamente con tale opinione, incomincieremo anzi dal parlare non solo della zuppa, ma bensì del suo recipiente o pentola d
Osservazione. Se, dopo aver bene conditi e ammanniti gli arnioni, osservate che v'abbia troppa salsa, ritirateli collocandoli sur un tondo intanto che ristringete la salsa al conveniente grado. Dopo ciò, li rimetterete nella salsa, senza però collocarli di nuovo sul fuoco, ma aggiungendo solo il pezzo di burro fresco e il succo di limone, come è detto più sopra.
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che ristringete la salsa al conveniente grado. Dopo ciò, li rimetterete nella salsa, senza però collocarli di nuovo sul fuoco, ma aggiungendo solo il
Tenerumi di vitello (all'uso di pollame). Levate ad un petto di vitello il solo tenerume; tagliatelo a fette dello spessore di un dito e larghe come un tallero. Lasciatelo guazzare nell'acqua tepida un'ora, poi passate in acqua bollente e sale. Questi pezzi poneteli quindi in una casseruola con cipollette od una sola cipolla armata di due chiovi di garofano, un mazzolino d'erbe legate, un po' di sale e acqua quanto basti perchè sieno coperti.
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Tenerumi di vitello (all'uso di pollame). Levate ad un petto di vitello il solo tenerume; tagliatelo a fette dello spessore di un dito e larghe come
Cervelli di vitello. Si deve innanzi tutto mondar le cervella, levar loro accuratamente i vaselli sanguigni e il sangue grommoso che vi si fosse rappreso, poi farle guazzare in acqua tepida. Fatele quindi cuocere nell'acqua con sale, pepe, aceto, cipolle, lauro e prezzemolo. Basta solo che stieno al fuoco una mezz'ora. Allora le sgocciolate e ammannite in un piatto condendole di pepe e sale.
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rappreso, poi farle guazzare in acqua tepida. Fatele quindi cuocere nell'acqua con sale, pepe, aceto, cipolle, lauro e prezzemolo. Basta solo che stieno
però, se il tempo è umido e piovigginoso, solo due o tre giorni. È difficile il dare in proposito precise regole e istruzioni: l'osservazione e l'esperienza devono bastarvi.
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però, se il tempo è umido e piovigginoso, solo due o tre giorni. È difficile il dare in proposito precise regole e istruzioni: l'osservazione e l
Essendo adunque frollata la carne a dovere, infilzatela nello spiedo e fatela cuocere a fuoco vivo, in maniera tale che ne sia invasa da ogni parte, e possa per tal modo conservare tutto il suo succo. Basta solo un'ora per la cottura, e gl'indizî che fanno conoscere facilmente che la coscia è cotta in punto sono quei lievi buffi di fumo che n'escono e alcune goccie di sugo che incominciano cadere nella lecarda.
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, e possa per tal modo conservare tutto il suo succo. Basta solo un'ora per la cottura, e gl'indizî che fanno conoscere facilmente che la coscia è cotta
Costolette alla provenzale. Praticate lo stesso processo, solo, in luogo della salsa bianca con fior di latte, ponetevi una salsa di fricassea di pollame.
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Costolette alla provenzale. Praticate lo stesso processo, solo, in luogo della salsa bianca con fior di latte, ponetevi una salsa di fricassea di
Piccioni arrosti. Dopo avere spennato, abbruciacchia to e levate le interiora ai piccioni, li legate e infilzate sullo spiedo coperti di un intonaco di lardo, con una foglia di vite fra questo e la pelle dell'animale. Però non ritenete che la foglia di vite sia indispensabile. Basta solo una mezz'ora di cottura.
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di lardo, con una foglia di vite fra questo e la pelle dell'animale. Però non ritenete che la foglia di vite sia indispensabile. Basta solo una mezz
Cime d'ala di gallinaccio. Noi ci asterremo dallo stancare i lettori enumerando le ventisette diverse maniere di approntare le cime dell'ale dei polli d'India. Questi ventisette modi, descritti nella maggior parte dei libri culinarî, si riassumono in uno solo, cioè; ponete in padella quelle ali; quando sono cotte, stendetele sopra uno strato consumato e succolento di qualsivoglia guarnizione, ungetele con succo ristretto e servite in tavola. Potete inoltre, dopo averle fatte cuocere, porle sotto un torchio, passarle in istufato con le uova, friggerle e porvi sotto, sia un succo chiaro, sia una qualche specie d'intingolo. Nel primo caso, si chiamano alette al sole, e nel secondo alette alla tartara.
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polli d'India. Questi ventisette modi, descritti nella maggior parte dei libri culinarî, si riassumono in uno solo, cioè; ponete in padella quelle ali
La carne del fagiano non è veramente apprezzata dagli amatori che quando è stagionata; allora essa carne si profuma dell'aroma desiderato; ma bisogna bene scegliere il momento; bene spesso un giorno di più diventa un giorno di troppo, e allora le emanazioni non sono più così gradite all'odorato come al palato. Ecco quello che ne dice un competentissimo giudice, Brillat Savarin: “Il fagiano, quando è mangiato tre giorni dopo la sua morte non ha nulla che lo renda pregiato: non è nè così delicato come le pollastre, nè così delizioso all'olfatto come la quaglia. Adoprato a tempo opportuno in vece, gli è di una carne tenerissima, squisita e di egregio sapore, perchè partecipa in pari modo del volatile e della selvaggina. Questo così desiderabile momento è quello in cui la carne del fagiano incomincia decomporsi; allora si sviluppa il suo aroma e si paragona ad un olio che, per esalarsi, avea duopo di alquanta fermentazione, come l'olio del caffè che ottiensi solo colla tostatura. Giunto a tale stadio il fagiano si spenna, ma non prima, e si lardella punzecchiandolo col lardatoio, scegliendo però il migliore ingrediente e che sia fresco e massiccio. Non è mica indifferente cosa lo spennare più presto il fagiano; poichè esperienze certe insegnarono che quelli fra i detti animali che si conservano colle penne sono più profumati di quelli che rimasero lungamente nudi. „
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, avea duopo di alquanta fermentazione, come l'olio del caffè che ottiensi solo colla tostatura. Giunto a tale stadio il fagiano si spenna, ma non prima, e
Pernici arroste. Per lo spiedo scegliete sempre le giovani, altrimenti chiamate perniciotti, secondo il vocabolo consacrato. Dopo levati gl'interiori, e lievemente abbruciacchiate le pernici, legate al modo stesso dei polli arrosti, e sopprimete le cime delle ale. Badate però di non spiumare la testa, e, non solo quella, ma benanche parte del collo; bensì ravvolgete questa parte entro un foglietto di carta unta nel burro o nell'olio, che leverete tosto che abbiate da servirla in tavola. Si lardella col lardatoio oppure superficialmente, a piacere, le pernici che si pongono sullo spiedo. Si deve aver cura di non lasciarle troppo cuocere, poichè perderebbero il loro sapore.
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testa, e, non solo quella, ma benanche parte del collo; bensì ravvolgete questa parte entro un foglietto di carta unta nel burro o nell'olio, che
Il cinghiale si appronta allo stesso modo che il maiale domestico, eccezione fatta solo pei filetti e le coscie, che si fanno marinare come le carni di capriuolo; i filetti devono cuocersi almeno per due ore, e le coscie per sei. È necessario approntar loro una salsa marinata ben forte.
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Il cinghiale si appronta allo stesso modo che il maiale domestico, eccezione fatta solo pei filetti e le coscie, che si fanno marinare come le carni
Rombo in insalata. Prendete i residui del rombo avanzati dalla tavola e tagliateli in pezzi più grandi che sia possibile, levando la pelle nera ma lasciandovi la bianca; tagliate quei pezzi in quadrati lunghi e larghi solo un dito. Conditeli di pepe, sale, olio e succo di limone, oppure, se non piace il limone, con buon aceto. Ammannitelo sur un tondo, e condite il tutto con salsa verde fredda, cui aggiungerete un po' di gelatina sbattuta, e con essa guarnitene il rombo in insalata.
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lasciandovi la bianca; tagliate quei pezzi in quadrati lunghi e larghi solo un dito. Conditeli di pepe, sale, olio e succo di limone, oppure, se non
Sogliole fritte. Condizioni di una buona frittura. Anzitutto è duopo che la frittura, entro la quale state per immergere il pesce, sia calda nel vero suo punto. Ecco un semplicissimo mezzo per accertarsene. Gettate nella frittura un pezzetto di mollica di pane che ci lascerete solo alcuni secondi; se la ritirate ben salda e colorita, prova che la frittura è in punto, e ci potete gittar dentro il pesce. Allorquando i pesci che dovete far friggere presentino un volume abbastanza considerevole, bisogna andar piano anche colla frittura onde non ne consegua che l'interno dei pesci appena si cuoca e l'esterno si carbonizzi; conviene quindi preferire la frittura di grasso. Quanto ai pesci di piccola dimensione fa duopo che lo sfritto proceda rapido e pronto, e si preferirà allora l'olio. Questo conviene meglio in ogni operazione che s'abbia da compiere prontamente o che non esiga troppo gran calore, perchè la prolungata ebollizione finisce per isviluppare nell'olio un sapore disaggradevole che si comunica al pesce, inconveniente che non esiste se si abbia a friggere col grasso.
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suo punto. Ecco un semplicissimo mezzo per accertarsene. Gettate nella frittura un pezzetto di mollica di pane che ci lascerete solo alcuni secondi
Crema. Misurate dieci piccoli vasi di latte; fatelo bollire, inzuccheratelo convenientemente, e, quando è in ebollizione, gittatevi per entro un pezzo di vaniglia, o aromatizzatelo in qualsiasi altro modo, come or ora diremo. Prendete otto tuorli d'uovo e diluiteli, versando poco a poco il latte rimescolando sempre, onde amalgamare completamente questa crema che passerete poi per uno staccio di seta. Versate la crema in una casseruola che contenga acqua, fredda o calda non monta. È necessario che l'acqua giunga fino ai manichi dei vasi. Collocate la casseruola al fuoco, e cuopritela con alquanto fuoco anche per di sopra, solo in quanto il calore del coperchio assorba il vapore dell'acqua. Abbiate cura di mantenere l'acqua sempre ad un medesimo grado di calore, vale a dire, quasi bollente, poichè essa non deve mai bollire, ma bensì essere a quel grado che diciamo sino a che duri la cottura della crema. Allorquando vedrete che la crema è rappigliata (dev'essere sempre tremula senza essere salda), del che vi assicurate agitando tratto tratto il vase, ritiratela; con tali precauzioni avrete sempre una crema liscia, delicata e di bell'aspetto.
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alquanto fuoco anche per di sopra, solo in quanto il calore del coperchio assorba il vapore dell'acqua. Abbiate cura di mantenere l'acqua sempre ad un
Mandorlato o Torrone. Prendete una libbra di mandorle dolci, mondatele, lavatele, stillatele bene sopra una salvietta; tagliate poscia ogni mandorla in cinque o sei parti, e fatele abbrustolire leggermente ad un fuoco temperato senza che assumano alcun colore. Ponete in una padella o casseruola tre quarti di libbra di zucchero in polvere, che farete diluire rimescolandolo con un cucchiaio di legno, ma leggermente e solo in quanto s'impedisca di bruciarsi. Quando sarà liquefatto, assumendo un bel colore giallo, gettatevi per entro le mandorle che avrete tenute calde; ritirate dal fuoco la casseruola e mescolate bene le mandorle collo zucchero. Spalmate uno stampo nonchè un coperchio di casseruola; prendete una cucchiaiata di mandorlato, e stendete anche questo sul coperchio della casseruola, stiacciandolo al più possibile sottilmente con un limone, e guarnitene tosto lo stampo; continuate in tale modo fino a che lo stampo sia per intero ripieno. Si può anche versare tutto ad un tempo il mandorlato nello stampo, e disporlo quindi in esso, ma l'operazione riesce più difficile. In questo come nell'altro caso questo lavoro deve eseguirsi assai prontamente e sul caldo, a rischio anche di scottarsi alquanto le dita, perchè il torrone si raffredda assai presto, e quando è freddo non si può più disporlo nella forma. Per levarlo da questa, dovete aspettare che si raffreddi, e quindi decoratelo a vostro piacimento. Potete disporre anche il vostro torrone in piccoli panieri o corbelli che empirete di fior di latte sbattuto incoronandolo di fragole o di lamponi.
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quarti di libbra di zucchero in polvere, che farete diluire rimescolandolo con un cucchiaio di legno, ma leggermente e solo in quanto s'impedisca di
Stinchetti con arancio. Pigliate due aranci di Sicilia, grattugiatene la corteccia sopra 250 grammi di zucchero in pani d'un solo pezzo, e 185 grammi di mandorle rimonde, che pesterete con un po' d'albume d'uovo per evitare che tramandino olio; ciò fatto aggiungerete lo zucchero, che mescolerete ben bene colle mandorle; pesate poscia 500 grammi di farina sulla tavola, e ponetevi due cucchiaî di feccia di birra, sei tuorli d'uovo ed un pizzico di sale. Tutto ciò mescolato a modo, ponete lo zucchero e le mandorle sopra d'esse, e fate in modo che la pasta sia bene solida; collocandola, sia sopra il forno che presso la stufa, e lasciandola levare; ciò ottenuto, ripigliatela e rimescolate ancora di nuovo; tagliate
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Stinchetti con arancio. Pigliate due aranci di Sicilia, grattugiatene la corteccia sopra 250 grammi di zucchero in pani d'un solo pezzo, e 185 grammi
Questa eccellente pasta croccante si presta ad un infinito numero di varietà, talchè se ne forma di ogni pasta solo mutando gli aromi. Il rum, il kirsch, l'ananas, le frutta che hanno essenza, il fiore d'arancio, la vaniglia, la rosa, e molti altri liquori, fiori, frutta ed essenze, costituiscono altrettanti nuovi apparecchi.
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Questa eccellente pasta croccante si presta ad un infinito numero di varietà, talchè se ne forma di ogni pasta solo mutando gli aromi. Il rum, il
Spagnoletti. Prendete 500 grammi di farina, 500 di zucchero, ed un po' d'essenza di limone; formate con ciò una pasta abbastanza dura per poter distenderla collo spianatojo. Se volete farla a modo, non impiegherete che sola acqua, perchè l'uovo comunicherebbe troppa consistenza alla pasta e le impedirebbe di venir bene agitata al fuoco. Stendete degli strati dello spessore di un buon millimetro, sopra 54 millimetri di lunghezza e 41 di larghezza. Ponete i vostri spagnoletti sopra piastre bene unte e alla distanza di 14 millimetri l'una dall'altra. Dorateli, cioè spalmateli con un pennello intriso nell'uovo, e cuopritene la superficie con mandorle in lozanghe, indi cuoceteli in forno ben caldo. Tolti che sieno dal forno, abbiate cura da levarli dalle piastre innanzi che raffreddino, sotto pena di non conservarne un solo d'intero. Poneteli quindi in luogo bene asciutto, perchè non inteneriscano, od almeno che non sieno esposti all'aria.
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levarli dalle piastre innanzi che raffreddino, sotto pena di non conservarne un solo d'intero. Poneteli quindi in luogo bene asciutto, perchè non
Pastiglie di mandorle e farina, per croccanti e crostate. Queste differiscono dalle precedenti solo per l'aggiunta che farete della farina. Il modo di amalgamare questa colle mandorle, lo zucchero, il profumo stabilito, differisce d'ordinario a seconda della preparazione; diremo pertanto che, ad ogni modo, la pasta crostata deve preventivamente formare pezzi di 500 grammi, o di 250, secondo la quantità da prepararsi; che questi pezzi si debbano quindi distendere collo spianatojo o cilindro, di una lunghezza e larghezza tale, da porgere un numero giusto di croccanti senza alcun ritaglio. Per esserne ben certo, bisogna separare la pasta col dosso del coltello. Quindi si collocano sopra piastrelle bene unte, si intridono con uovo, si cucinano in forno ben caldo, quindi, freddati che sieno, vengono conservati al riparo dell'aria, in luogo bene asciutto.
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Pastiglie di mandorle e farina, per croccanti e crostate. Queste differiscono dalle precedenti solo per l'aggiunta che farete della farina. Il modo
Quando si staccano un per uno gli stinchetti o crostate, è duopo adoperare un coltello che tagli bene e d'un solo colpo, onde non abbiano ad avere l'apparenza di essere masticati.
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Quando si staccano un per uno gli stinchetti o crostate, è duopo adoperare un coltello che tagli bene e d'un solo colpo, onde non abbiano ad avere l
Pasta alla bavarese. Sbattete otto albumi d'uovo, che porrete entro una padella con 250 grammi zucchero fino: mescolate insieme con una spatola fino a che il tutto sia bene amalgamato; poi fate bene asciugare sopra un fuoco blando, sempre però mescolando la pasta; leverete l'apparecchio dal fuoco e vi spremerete sopra alcune goccie di fiore d'arancio; ne staccherete poi pezzetti della grandezza di una noce sopra fogli di carta bianca, onde porli a cuocere entro un fornello discretamente riscaldato, e levandoli dalla carta solo allora che sieno freddati.
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a cuocere entro un fornello discretamente riscaldato, e levandoli dalla carta solo allora che sieno freddati.